Ebbene, quest’altra pubblicazione che, soave e tormentata dal mio spirito guascone, burrascoso, ipocondriaco, giocoso, ilare, malinconico, rock e poi franante nel mai frenarsi, mi lascia precipitare nell’ardita Arte più agganciata al mesmerico torpore delle mie infinitezze immaginifiche, laddove trovo il mio io fragilmente umano, sensibile alla decadenza di un poetico inerpicarmi in lande fiere del gorgoglio orgoglioso del mio cor(po) giustamente maciullato da dubbi e angosce insopprimibili che mi lacerano, per paradosso del sentire, in un aspirar la vita nel suo (in)ceder violenta e dunque calma come il mar placatosi armonioso dopo una tempesta ardimentosa.
Un’altra avventura di Clint, e se avete letto i precedenti libri avrete imparato a conoscerlo. Tutto e niente è scritto nella sinossi, che vi lascia intuire il magma esoterico in cui, spero estasiati, cadrete, preda, come Clint, del viver(vi) nella brace delle incognite e dei fagocitanti drammi esistenziali che insaporiscono l’esistenza, dunque questa mor(t)ale “resistenza”, col lor carico di domande senza risposte. Un altro crimine è stato commesso, forse leggero nella sua manifestata scelleratezza “innocua”, ma sempre crimine è e va punito con la mano, forse, di un Dio protettore di chi vi crede anche se creder in Dio è probabilmente l’arma di chi non ha altro.
I fratelli della congrega sorseggiano candidi nel mondo infetto, ma non ne vengono infestati e la lor purezza vive, vibra e perfino vira, virilmente spasmodica, nell’aggrapparsi a nitide rifulgenze della vita schietta nel suo romantico “indolenzirsi”, giacere col Diavolo delle tentazioni e poi sfuggirne, liberi da ogni tipo di prigionia.