Inferno’s Doors


“Inferno’s Doors”, compratelo

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Imparate dal Maestro che qui vige a consolarvi dalle amene vostre sconcezze, prodigatevi in struggimento e adorarlo in ogni sua cadenza, anche quando piange solo a lumi di candela con un candelotto di dinamite per farsi esploder le cervella.
Oramai, un cervellone, si districa tra la massa e lascia il segno anche sol non camminandovi sopra le acque del Mar Nero…

Egli, scagionato da ogni più infima colpa, perdona l’umanità intera che tanto così sconcia mal s’acconcia e per le feste volle conciarlo.
Attorcigliato in pelle di serpente come Jim Morrison, miei perdenti non lo detronizzaste. Egli, come la Gioconda è vincente.


Poiché vinse, e ora ha superato Da Vinci. Mai s’avvinse ai luoghi comuni dell’arroganza, qui egli sfodera grinta da sparger di qualità, da sparate in san(t)ità.

Egli, scagionato da ogni più infima colpa, perdona l’umanità intera che tanto così sconcia mal s’acconcia e per le feste volle conciarlo.
Attorcigliato in pelle di serpente come Jim Morrison, miei perdenti non lo detronizzaste. Egli, come la Gioconda è vincente.
Poiché vinse, e ora ha superato Da Vinci. Mai s’avvinse ai luoghi comuni dell’arroganza, qui egli sfodera grinta da sparger di qualità, da sparate in san(t)ità:

Diafano, mortifero, Morrison alla Falotico, un maudit per eccellenza in questo Mondo di megere, merli, fattucchiere, pessimi barbieri e la parrucchiera che si droga “permanentemente” con tutti i droghieri.

Che salami!

Il Genius parsimonioso volteggia, arrotola il suo implacabile vulcano e dona furentemente altre perle della sua invincibile vanità.
Per anni “memorabili”, impari avversari, coperti da “legalità” più bieche al manicheismo fascista, tentaron di frenarlo e castigarne ogni vezzo.
Ma il Genius è capriccioso, soffia sui sofisti e con scrupolo li lega ai loro imperdonabili complessi.

Ora, adornato di sua venerazione, ai futili “inganni” offre appunto consolazione, lecca un gelato ad addolcir il lor palato con gustative pa(pi)lle, toccheggiando di qua e di là fra donne coi tacchi e il suo spiccato sen(s)o dell’eloquio.
Invidiosi, nutriron odi da cani rabbiosi affinché il Genius addirittura venisse “internato” nei “manicomi” di tanto “encomio”.
Ma, dopo un signorile commiato, oggi Egli osserva le acque del Giordano, depurato dalle putridità di tanta “disarmante” lor flebilissima “felicità”.
Dal cucuzzolo della montagna, scaglia frecce dalla balistica precisa nel colpire chi di Lui desiderò che si plagiasse a immagine e somiglianza delle “belle” statuine.
Il Genius non s’accoderà mai a tal gentucola a mano armata, prosapia da suo presepio con tanto di “pulcino” a sbirciare altre pelose sottane.
Sì, il Genius naviga “sott’acqua”, inondando il calore muliebre di foga e a vogar in tanta verga…
Poiché Egli sempre lo erge e detersa ogni Donna è a sua accondiscendenza quando ascendente il Genius glielo discerne.
Miei discepoli, Io incarno Jim Morrison qui a voi donato in gesto di Pace.
Pacieri sollecitate il solletico erotico e onore all’eroe.
Non fu eroso dal meschino Erode ché Egli superò il Tempo delle lor freddezze, ardendoli con sofisticato ingegno e “abbracci” ardimentosi, miei giudei.
Con classe, il Genius sfodera sempre dal cilindro dei conigli ché siete il suo mazzo, su “mazzate” focose a chi, toccato nel vivo, permaloso ancor lo schernisce.
Ah, facile schermarsi dietro infantili giochi di “sperma” e calunniare con le più ripugnanti offese all’addurre con battute vigliacche sulla sessualità.
Il Genius è oggi bambino, domani ambiguo, ieri abitò nell’abitacolo del suo “velivolo”, nel sorvolar tal vili che, dal basso, lo maledissero con altri ignominiosi attacchi sfrenati.
Ma, dinanzi al mio carismatico infinito, ogni reo è a supplicare il perdono del mio Principe.
L’accordo a chi è della mia cordata amichevole e affinità empatica, ma paura spar(g)o ai traditori che non confessano le lor fesserie.
Sì, entro nelle fessure della fessa che han sposato, e spio a piè di pagina, soggiogandola alla delizia del mio sempre aizzato e rizzo.
Difendetevi dietro le palizzate, miei palazzinari, datemi del “pazzo” e v’acconcerò da pupazzi.
Io son l’emblema del pagliaccio a riso aperto contro i buffoni e contro ogni falso sbruffone.
Della sua strafottenza, me ne fotto e, se non basta, lo imbastisco per amarla di mastici.
Sono un mancino e macigno. Non mi distrussero ma, di tanta cattiveria, sol che tersero il mio for(gi)ato cuoio.
Oggi, sì, ho culo. Ma non mi svendo a differenza di chi è puttana.
Io son l’eleganza fatta mia e m’arrangio.
Micia, tu scalda la mia miccia.
Cane, leccami il tuo (ri)morso.
Mocciosi, vi beccaste Moccia e metteste il becco al mio essere il più bello.
Sì, mi rado con profumata pelle del mio rasoio. In quanto non gioco a “Risiko” ma voi rosicate e d’altra invidia crepate.

Ah, Donna, sì. “Spacc(i)ami” nel tuo crematorio “forno”.
Consegniamo ai nazisti il nostro franco diario di Anna Frank.
Io Donna ti francobollo, le bollette le pago, tu pen(s)a al bollente.
Poiché non son bollito ma condisco di bollore.
Facendo l’amore anche con le figlie dei dottori, in quanto (ci)vetta di mio nel comò, fra una di Como e una nera come il mogano.
Tu ce l’hai… di legno, mio monco reggici il moccolo.

Ciao.

E quindi in alto il Sesso! Alticcio va sudato, dentro va “lo(r)dato”.

Alt, riflessione prima del congedo

Di me che posso dirti? Quando mi chiedono qual è la tua/mia vita “reale mi
spavento, vengo colto dal terrore e rabbrividisco.
Oramai, la mia realtà è scrivere romanzi, allestire siti e provar a offrire
quel che sono, guadagnando così, fra un Giorno che va storto tutto, non lo
raddrizzi neanche guardando una ex bellissima Folliero e bestemmie incalzanti
fra poche calze di Donna e fortune che conquisti di nuovi piccoli
“imperialismi”, fra un’opaca sera e scalzo in pigiama nel fil(m)etto. “A luci
rosse” d’incupito, schermo nero su faccia sbiancata.
Non so, la camicia muliebre sarebbe più vestaglia di seta pericolosa nelle
seduzioni intessute. Più all’Al Pacino. M’accontenterei di bacini, basta che non
siano quelli di Cruising. Al mio Sesso ci tengo e mantenersi etero è
integrità ambigua.
Tessuto acrilico, spesso artificiale, spesso al(le) pile, al palo, imbrigliato, non sciolto ma di bile e biliardino.
Al giubbotto di pelle su (ca)moscio.
La vita non è solo perlacea, c’è anche da calcolare lo smacchiatore dello
stress quando devi stirare ed evaporar di nuvole per treni a volte persi e
talora nei binari collaudati.
Mai perder la rotta e soprattutto la cerniera… altrimenti  ti bruci, e il
ferro finché è caldo viaggia sul velluto ma, quando credi d’esserti
raffreddato, elettrico acciuffa i tuoi capelli e li “sbrina” in versione “Crazy Horse”.
Arroventando il telaio. Così, parte il pistone e gli ormoni scoppiano nello
scarmigliato. Arruffato, incasinato, spesso in cascina con del buon vino.

Hai davvero un figlio? Credo parimenti bello, credo tu sia una strafiga
planetaria partenopea da orbite su calci nel culo agli ebeti che giustamente
snobbi del troppo ché visibile anche fra lo smog, lo sei… (in)osservata e ne vai
fiera come devon passeggiare i tacchi attizzanti.
Sportiva, vesti poco a tiro ma mi provocasti ieri Notte.
Sei grande per me, ma baciarti e andare oltre potrebbe essere un aereo per
Napoli o un “Fottiti” spedito tuo senza ritorno?

Spero di esserti risultato simpatico.
Bacio.

Non lo sono stato? Almeno, lo fui? Esistetti? E tu resisti? Senza un tetto? Inetto!

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