Il cavaliere di Alcatraz

Image by Péter Farsang

Image by Péter Farsang

 

“Il cavaliere di Alcatraz” del sottoscritto, Stefano Falotico del ‘79, 342 pagine di rara raffinatezza, catartico dolore maudit e prosa in liriche di virtuosità pindarica, è ora disponibile, comprarlo è un obbligo morale

Presto, molto presto (previo aggiornamento) anche acquistabile in eBook, per le vostre piattaforme di lettura più “conveniente”…

Il Falotico

Stefano Falotico, chi è costui che, da strati nebbiosi d’una sua sparizione (ir)razionale e ignota, all’improvviso è riesploso in trono di grandiosa ispirazione? Tonitruantissimo in (av)vincere letterario, a sconfiggere tutti gli sfavorevoli pronostici e le congetture “diagnostiche”, chi è quest’ateo agnostico che fa della parola un elegante bacio alla vita riscoccata in esorbitanti, fulminee creazioni impensabili, oltre le più favolose immaginazioni, chi è quest’Uomo roboante che “maiuscola” il suo stesso sostanziarsi in tanti poliedrici, liquidi sostantivi?

Dalla quarta di copertina di tale opera immensa, maestosa come l’Atlantico oceano nel suo navigare intrepidamente a mo’ veleggiante del leviatano degli abissi più rifulgenti, come le bianche aquile galattiche che virano, di vibrazioni soffici, nel Settimo Cielo… (es)traiamone giovamento perché, forever young, saremo giovinezza eterna!

“Un romanzo fascinoso, un viaggio notturno dentro la prigionia delle anime punite e forse, per l’eternità, oscurate fra le sbarre indissolubili d’una tenebra nerissima.
Fra scoppi d’ilarità sdrammatizzante, potenti, indelebili schizzi di rabbia inascoltata, queste voci del silenzio si mescoleranno all’urlo tonante dell’umiliata libertà. Violati nei cuori, privati d’ogni speranza e redenzione, sono soltanto sporchi, agonizzanti carcerati crocifissi in attesa della morte? Fantasmi walking fra livide, tetre albe rubate e opacizzate,  hanno perduto oramai anche la voglia di un ultimo, futile sogno?
Dal nulla, come per magia, entrerà però in scena un cavaliere ignoto, un romantico, intrepido, lucente revenant
Clint, in questa prigione maledetta dal Dio delle carneficine, Clint, l’ermetico principe incarnato a nobiltà morale, Clint che lustrerà i dolori, innalzandoli a giustizia apocalittica.

Ribelli per vocazione… alieni nelle stelle”.

Descrizione di me, un masterpiece vivente finalmente!

Capolavoro, a mio insuperbirlo di (ar)dire, volteggiantissimo in superlativo desueto ma che qui si confà a bene “spaventoso” per la totale, nostra variegata umanità

Falotico, raccoglitore di emozioni che eviscerò dai ventricoli suoi “suonati”, pulsazione empatica fra mille e più anime, anzi animistico di primigenia primitività “rude” quando istintivo incide la stilografica della tastiera dinamica nelle accensioni ascendenti di ferocie naturali sull’arsione ora te(r)sa, azionante, flessuosa dei fluidi suoi flussi vitali, enigmatici nella trascendenza, aspiranti notti in quiete scultorea e poi sognanti donne marmoree dai seni più lussuriosi, un Man avido di furore, un vero che patì, si segregò, screpolò la pelle a logorarla ma, mai corrotto, non la lordò per incarnarla ai gusti putridi dell’ammuffita vostra “impietrita” e non pietistica foll(i)a di massa, un versatile (in)grato che gratta la scorza delle apparenze per ridestarle con soventi, incoraggianti provocazioni solleticanti, per (dis)integrarle a forma sua divinizzante, una creatura oltre Dio, vitalità bestemmiata dai borghesi con la coscienza marcia, un adoratore del plenilunio fulgido vicino alle rive del Danubio, un chiaroveggente di San Pietroburgo nel delirare principesco come Laura Dern d’Inland Empire, un eastwoodiano infrangibile dagl’indelebili occhi “costernati” dinanzi al fosco “contorno” di tali vigliacchi cortei da morti arrochiti nel cuoricino e scevri innanzitutto d’amor proprio, un traghettatore come Caronte, anima egli stesso, (ri)generata infernalmente dalle fiamme vulcaniche d’un poetico, bellissimo impadronirsi del destino, plasmarlo a volere ché voli e sempre non trascolori, un UFO annebbiato dal dubbio permanente, un volante trasformato, metamorfosi del sangue offerto in sacrificio, uno scoiattolo poi ludico, “maligno”, che rasa la vita come lame arrostite del docile diluire l’armonica sua chioma. E rinforzarsene invincibilmente.

Genesi

All’interno della “postfazione”, ho spiegato quasi tutto. All’intelligenza dell’acquirente, dunque del lettore, a seconda o meno delle sue deduzioni perspicaci, e perciò della variabile sottigliezza neuronale al valore d’editare la sua mente erudita, poterne attingere in esegesi personale. A genetica emozionale che si rivedrà oppure no, ché dovete riflettere e specchiarvi… stavolta tutti!
Anche a lavoro “finito” e dopo una prima lettura interminabilmente “terminata”, sei appena a un quarto dell’opera, appunto, di revisione… le correzioni, le diverse impaginazioni, i formati, le conversioni ti potrebbero far uscire quasi pazzo e scoppierà qualche terminale!

Per ovviare al Pronto Soccorso, ci vuole un fisico da laureato in Fisica e prenderla con “Filosofia”, affilare gli spazi e aggiustare le virgole, mettere a posto i refusi “invisibili”, smacchiare e limare, aggiungere e togliere, “origliare” la musicalità delle frasi e, se non sonano bene, ritornare pun(i)to e a capo, cancellare per intonar o solo dar più “corda vocale” alle parole tropp’arcaiche, qualche lettore si slogherà la lingua… italiana fra vocabol(ar)i (s)comparsi eppur esistenti, al che ho dovuto anch’io affidarmi a un editor, che in questa sede ringrazio enormemente. Se lo merita.

Si chiama Germano Dalcielo, e ha svolto un lavoro davvero professionale. Ravvisando quelle sviste che, a mio occhio nudo, non avrei appunto avvistato prima di dare il “visto” per la stampa.

Abbiamo passato circa due settimane, in chat utilissima, a colloquiare su Facebook. Lui che mi mandava i punti da riguardare, io che li approvavo o li rileggevo per annotare ciò che non avevo notato. Semmai, avevo già “voltato pagina” e mancava qualcosa o, invece, avevo  appena-“a piè” abbo(n)dato di “dislessia” digitalmente troppo “spingente” lo stesso tasto. Al contrario, potevo non aver premuto o “inviato”. Chissà, per quel pezzo dovevo, di calcolo di probabilità (in)certa, aver bevuto oppure essermi mangiato il cervellone.

Ebbene, dopo tanto serio disquisire, grazie anche al suo prezioso e quanto mai scaltro consiglio, ho piazzato questo mio “Il cavaliere di Alcatraz” su youcanprint.it. Seguendo il regolamento, le linee guida, “cliccando” su tutti i tasselli, eccovi serviti con quest’epico romanzo.

Presto, prestissimo, sarà acquistabile in tutte le catene librarie, online e non, com’accennato anche in eBook, e “Youcanprint” offre peraltro la grande opportunità, sì di mantenere la loro esclusiva ma anche sempre gratuitamente che tu (quindi in questo caso io) possa detenere i diritti editoriali e distribuirlo a piacimento su altri siti di self publishing.

Perciò, apparirà in Amazon-Kindle e via scorrendo internettizzando…

Per piacere, ordinatelo cartaceo o “Adobe Digital”, adoperatemi per la mia ca(u)sa.
Ne vale la pena, “Il cavaliere di Alcatraz” è un’opera unica, ineguagliabile, tanto “triste” e incentrata sull’ingiustizia, quanto vi folgorerà man mano che andrete avanti… sbriciolerete (com)mossi, scatenati dalla forza letteraria d’una prosa senza catene. Fra carcerati nelle sbarre, liberi di sognare, svoltare, evadere, volare!

Ebbene, ripetiamo, dopo molti ritardi dovuti ad “abbagli” dell’ultima ora, godetevi anche la cover. Nota(te) che la sinossi del retro l’ho scritta sempre io… tanto di cappello. Completamente factotum.

L’immagine di copertina è dell’illustratore americano Péter Farsang (“é” accentata così, si è raccomandato, non è un “Peter” qualsiasi).
Perspective”…

Non me l’ha concessa gratis ma dietro piccolo, comunque proprio ridicolo, simbolico “rimborso”.

Anche il font è una mia creazione. Se non vi piace, Amen. Scritta sobria con l’aggiunta, per la versione eBook, di Péter fra i due “pali”. Sono bipolare. Eh eh.

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