Dal n. 1 di Aprile della rivista “Il Faro”, la recensione di Eliano Bellanova del mio Il cadavere di Dracula


Il Faro Il cadavere di Dracula 

La prosa di Stefano Falotico è un’ossimorica “frequentazione” di parole che si svolgono lungo una teoria che “si snoda” come il mare sugli scogli. Quegli scogli “ascoltano” il flusso “draculiano” che a loro perviene dalla residenza castellana attraverso un cammino lungo come quello delle favole e dei fiumi che “allietano” e inquietano la Terra.

L’ossimorica successione diviene il trionfo della vita sulla morte quando “Asperso in tal asperità, spero in un domani florido che sia “forca” delle ghigliottine in me inflitte e perpetrate da vigliacchi “puritani” della Londra anelata e in virtù veliera del mio cavalcante ritorno” (Il Cadavere di Dracula – Stefano Falotico). Ad un esame superficiale (“la perfida dea che mai da l’ospizio di Cesare non torse li occhi putti” e che è sempre in agguato) l’Opera sembra una successione di “organici frammenti”. Ma i proprio “i frammenti” sono “ricomposti” in una unità in cui l’enigma-vita si rivela sotto i raggi del sole e si tramuta in bellezza eterna, sebbene l’eternità “ristretta” sia pur sempre soggetta alla legge della relatività e del “contingente magico” (Susciti soggezione, e impaurisci. Perlomeno, io mi sento minato dal tuo Sguardo. Ambiguo, ridente ma con sfumature più adombrate di come vorresti apparire. Ipnotica ed evocativa insonnia anch’erotica, solare ma lugubre. Sensualissimo ma un po’ affranto e “roco”, come se la felicità, a prima vista, adocchiasse anche un animo buio che nascondi dietro ammalianti pose maliziose in te stessa intessuta di morbido languore scuro”. – Il Cadavere di Dracula – Stefano Falotico). Trasportato nell’aldilà, il pensiero umano, nella più alta accezione filosofica, si annullerà nella “egemonia delle anime”, presso cui la libertà si professa in quanto tale, sottraendosi al giogo umano e passando attraverso… il cadavere di Dracula, attraverso il mito del vampiro, attraverso il rumore del tuono. La libertà e anche il libero arbitrio passano attraverso perigliosi cammini e ardui ostacoli. Anche la libidine e la lussuria per l’Autore passano attraverso la catarsi “profetica” di un’intima soffusa sofferenza (La mia lussuria si scaglierà terribile di veemenza arsa a vostra finta sapienza. - Il Cadavere di Dracula – Stefano Falotico), attraverso la paradossale lente di un epidiascopio, che, con le sue immagini alterate e “assurdamente iperboliche” ci offre una visione “esagerata e folle” della vita, perché, in fondo, la vita umana non è che “un mezzo” per perfezionarsi per pervenire a vite “diverse”, a mete da conquistare nell’evoluzione biologica, sociale e filosofica, che si dipana nell’incessante comporsi e scomporsi degli “elementi”. In questo “eterno” comporsi e scomporsi degli elementi anche gli insetti hanno importanza, altrimenti non si spiegherebbe il fenomeno dell’entomofilia, ovvero dell’impollinazione ad opera proprio degli insetti.

E come l’uomo “è inseguito” da microbi, batteri ed altri microrganismi dai quali deve difendersi, così il mito di un uomo può sopravvivere a se stesso, al suo cadavere, al Cadavere di Dracula, il vampiro che, con la sua sete di sangue, dispensa orrori… sebbene la scienza ammonisca e ipotizzi che la stessa sete sia dovuta a deficienze di enzimi ed altre proteine, che ne fanno un sofferente, un malato. Il “malato” è depositario di “immani segreti”: senza di lui non vi sarebbe scienza. È “inconsciamente” depositario del bene e del male, delle gioie e delle pene, fino al frainteso, che per molto tempo a livello psichiatrico si è concentrato sulla parola “isteria”, “isterico”, “isterica”. La parola rappresenta un frainteso-paradosso, in quanto il malanno è stato ritenuto di derivazione uterina (il greco ὑστέρα significa infatti ventre, utero). Il mito di Dracula “scientificamente” trarrebbe dalla deficienza di enzimi epatici, ovvero di proteine, la cui scarsa presenza farebbe desiderare il sangue. “Traslando” la “filosofia” (come scienza o come futura scienza nell’accezione kantiana della parola), che presuppone il desiderio di qualcosa perché quella “qualcosa” ci manca, potremmo argomentare che il “draculismo” sia per alcuni una “necessità”. E se questa “necessità” si trasferisce nel corpo sociale o nel pensiero, allora potremo desumere che il desiderio di divenire, di essere “postumi” a noi stessi, sia immanente. Jacques Le Coff, nella sua notevole opera “Il Corpo nel Medioevo”, sostiene che “Eresia e lebbra sono spesso associate: al pari della lebbra, l’eresia è una malattia dell’anima che si esprime simbolicamente attraverso un corpo malato, da allontanare dal corpo sano della Chiesa”. Il “frainteso medievale” diviene “veicolo” allorquando si strutturi nel pensiero “solidificandosi”, trasformandosi da “preludio”, “ipotesi”, “supposto”, in tesi, in affermazione dimostrata, al di là dell’affermazione apodittica. La deficienza di triptofano nel “vampiro”, si tramuta in una “deficienza psichica”, poiché genera “desiderio”, “voluttà”, “ardire”, fino alla violenza, che è figlia dell’aggressività connaturata all’essere umano. Essa genera un cammino o una trasformazione “inconscia” (secondo F. W. Nietzsche “lo spirito prima era Dio, poi si fece uomo, ora sta diventando plebe” e secondo lo stesso pensatore lo spirito diviene cammello, il cammello diviene leone e questo diviene fanciullo). È la teoria del divenire e dell’eterna trasformazione, che “ghermì” Lavoisier. In questo divenire “La mia lussuria si scaglierà terribile di veemenza arsa a vostra finta sapienza. La mia lussuria è un vampiro che lacererà le tue menzogne, seppellirà il morto che tu non vivesti da puro, e distruggerà ogni tua sanità!” (Il Cadavere di Dracula – Stefano Falotico).

In questo asserto è la chiave di lettura del libro (poiché se non troviamo la chiave di lettura di un’opera, non potremo neppure leggerla, in quanto scivoleremo in superficie, vedremo scorrerci addosso fiumi di parole che costituiranno soltanto “inutile fascino”. Attraverso questa “chiave” ci apriremo al “Poeta dell’assurdo, del suono che urta!”, che ci condurrà “nell’eremo della comprensione”, in cui perfino la vendetta potrebbe avere una sua ragion d’essere, se si tratti di “grande vendetta”, di superamento dei pregiudizi, delle “inutili passioni”, per aprirsi al “grande essere”, che è in noi “in nuce” e che passa attraverso il processo della crescita e dello sviluppo interiore: una crescita “tragica”, “terribile”, che richiama alla mente il Prometeo che si vedeva divorare il fegato dai rapaci per riprodursi incessantemente, rappresentando “il fuoco del progresso”, innescando la prima vera reazione a catena della scienza e della storia. E quando dopo queste “acquisizioni”, scorgeremo un altro cammino, secondo l’Autore ci imbatteremo nello smarrimento. Sì, in un fenomeno sempre in agguato, in quanto siamo pur sempre “canne al vento”, sensibili ad ogni umore e variazione. Il nostro Prometeo è Dracula. Chi è Dracula? La nostra passione eterna, il nostro cammino, il nostro Eros nascosto nelle pieghe “supreme”, il nostro “dirimpettaio”, il nostro “traditore”, il nostro “amico”, il nostro “nemico”, il “deposito” della nostra virulenta passione. Dracula è tutto e il contrario di tutto. Sarà felice al nostro “desco” e sarà incredibilmente presente nelle nostre sofferenze, senza patemi e senza illusioni. L’Autore si rende conto della “grandezza” di Dracula, ma anche della “bassezza”, perché i Grandi come i Piccoli sono sempre “un nano sulle spalle di un gigante”. E se perfino il trono si trascina sul fango, allora è necessario lo “scuotitore Dracula”, l’artefice del destino e della vita che nobilita se stessa. Nel suo libro Stefano Falotico percorre, in sostanza, il dramma “lineare” e “rovesciato” della vita.

Il Faro Il cadavere di Dracula 2

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