Oggi, con un orgoglio appunto davvero tale in quanto inorgoglito già del suo baldante esser su, dopo aver mangiato giù, cioè nella locanda rimestante i miei tanti cibi di stati mentali “esagitati”, andando nei pressi di IBS.it, ho “rinvenuto” tali recensioni che qui “allego” in memoria dei posteri, recensioni da affissione, da “posterizzare” per un futuro che, calmato dai ribollire di “metodiche” ansie spesso (avita)bili, mi rincuorerà per attracchi speranzosi in lidi più lindi e più gioviale “commestibilità” di me, adesso spesso (so)speso nella suspense dell’incertezza d’un vivermi quotidiano sempre (in)certo.
Recensioni entusiastiche di questa mia opera che sempre conserverò nel cor(po), lontana dai soliti corpi, immersa nei bui corridori, no, corridoi d’una vaga spensieratezza “ansiogena”, opera composita e composta di molti st(r)ati variegati, frammentata in aneddoti apparentemente nonsense e “soggiogata” alla mia volontà che così fosse, sia e sarà.
Recensioni “femminili”, di rara delicatezza che carpirono il senso non capibile subito del romanzo, del terzo di questa mia trilogia…
Due recensioni enormemente positive:
Miriam (19-08-2016)
Clint e i suoi disperati seguaci li possiamo vedere ogni giorno, sono gli artisti di strada che suonano liberi, gli emarginati che si riuniscono di notte e si raccontano gli espedienti del giorno, quelli che rinunciano al posto in banca per girare il mondo a piedi con uno zaino. Il luogo non ha importanza, potrebbe trattarsi di un villaggio nella savana africana, o di una favela ai margini di Rio. In questo libro, è inutile cercare un filo logico tra le dissertazioni di Clint, i racconti, i sogni, niente è logico. Non esiste nesso tra causa-effetto, tesi e antitesi, dimenticate Cartesio e la logica del pensiero che forma l’esistenza. Qui è il contrario, l’esistenza determina il pensiero, i ricordi, le disavventure, la carnalità esasperata, la visione dell’Altissimo mescolata al più infimo inferno quotidiano. L’esistenza di Clint è in continuo divenire, un fiume che scorre e che non è mai uguale a se stesso, che procede senza direzione perché non sai dove ti può portare cercare la verità. Falotico ha una visione del mondo onirica, tenebrosa, non legata assolutamente alla realtà. Rifiuta questa società mercificata, da cui si sente escluso peraltro, e lo manifesta nella scrittura, fa proprie regole di linguaggio nuove, inusuali, alterna capitoli a filastrocche, ricordi di cinema, parabole, obbliga a salti di stile, rende la lettura dei suoi libri un’esperienza emozionale, non solo letteraria. Al di là degli eccessi linguistici, del linguaggio a volte troppo sofisticato e della volgarità per me sempre inopportuna, Il Cavaliere di S. Pietroburgo è un libro che segna profondamente il lettore, una ricerca continua dell’anima, a cui oggi non siamo più abituati.
Voto: 3 / 5
Adele (19-08-2016)
Mi sono imbattuta di nuovo in un libro di Stefano Falotico, il terzo della trilogia di Clint e sono rimasta avviluppata, imbrigliata, come al solito, in un flusso di pensieri, riflessioni, parole confuse che all’inizio sembrano non avere un senso. Clint si trova a S. Pietroburgo rifugiato in una chiesa sconsacrata, col suo seguito di anime perdute in cerca disperata di una guida. La trama è molto esile, uno dei suoi viene assassinato e Clint parte alla ricerca dell’assassino, per vendicare la morte dell’amico. Ma il libro non parla di questo, la ricerca è un pretesto, un punto di partenza per un viaggio introspettivo, in cui realtà e sogno sono confusi, forse i sogni sono più reali della realtà. Clint, Cavaliere, Principe, anima eletta a guida, avverte la missione di cercare l’assassino, ma più che altro di avvicinarsi a Dio, di portare il Verbo sulla terra. Il suo Dio non si trova nelle chiese, difatti si rifugiano in una chiesa sconsacrata, ma fuori, per il mondo, è un dio fatto di sangue e carne, che puoi trovare agli angoli delle strade, con cui litigare, urlare la tua rabbia, ma sempre confidando nella Sua parola, unica salvezza.
Clint è un’anima in cammino, rifiuta questa società mercificata, non vuole essere inquadrato, omologato. Si crede portatore di verità, ma alla fine dirà amaramente che è solo un uomo che non ha nessuna verità. Dopo giorni di ricerca vana ha la rivelazione, Dio ha voluto che girasse a vuoto, ma la soluzione era a portata di mano Clint, trova l’assassino ma non si vendica, la sua non è la sete di vendetta cruenta che si aspettano i suoi. La sua vendetta sarà liberare l’anima dell’assassino, portare allo scoperto i suoi rimorsi e lasciarlo solo con se stesso. Deciderà lui cosa fare, e sia fatta la volontà di Dio. In mezzo a tutto questo troviamo considerazioni sul significato di vivere, sulla politica che ci opprime non facendoci sentire liberi, sul consumismo che ci fa desiderare cose di cui non abbiamo affatto bisogno.
Voto: 4 / 5